House of Gucci di Ridley Scott.

Ciao a tutti!

So che non è proprio un film che guarderesti a Natale, ma lo sapete, no? Io ho le mie tempistiche e solitamente guardo qualcosa quando il clamore ormai è scemato e posso gustarmi la visione senza essere condizionata dal parere altrui.

In questo mese di dicembre ho deciso che, tolta la lotta perenne per pubblicare tutto nel modo più consueto e giusto possibile, mi sarei dedicata un po’ a me stessa, alle mie passioni e a ciò che mi va di fare.

Sabato sera non avevo progetti e mi è sembrata l’occasione buona per guardare il tanto acclamato House of Gucci, ma prima di lasciarmi andare alle mie impressioni (strettamente) personali, eccovi un accenno di trama e il trailer del film (attenzione, il trailer potrebbe contenere spoiler) che potete trovare su Amazon Prime, senza costi aggiuntivi.

Di cosa parla esattamente House of Gucci?
Siamo nella Milano da bere, quella degli anni 70/80, gli anni d’oro per una Milano in crescita. Qui incontriamo una giovane Patrizia di appena 22 anni che lavora come segretaria nell’azienda di autotrasporti del padre. Un lavoro tranquillo, ma che all’ambiziosa donna sta comunque stretto. Durante una festa, Patrizia incontra Maurizio Gucci, l’erede dell’omonimo marchio e inizia a corteggiarlo. I due s’innamorano al punto che, quando il padre di Maurizio gli intima di non sposare Patrizia o verrà diseredato, lui sceglie la donna, perdendo ogni diritto sul 50% della società del padre, ma a lui non importa, Maurizio sceglie l’amore al denaro, a quell’azienda a cui non sembra essere minimamente interessato visto che lui si sta laureando in giurisprudenza ma… a Patrizia? A lei quando davvero importa di Maurizio in quanto uomo e Maurizio “Gucci” l’erede di un impero dal patrimonio sconfinato?

Intrighi, cospirazioni, macchinazioni con una punta di follia, sono gli ingredienti principali di questo film che vorrei tanto fosse solo frutto di un brillante sceneggiatore di Hollywood, ma purtroppo non è così!

Ecco il trailer, ma ripeto, occhio agli spoiler, perché non lascia nulla all’immaginazione.

Cosa ne penso?

Mi sento di fare subito una premessa: io conosco i fatti di cronaca dietro questa storia, ma ignoro le macchinazioni avvenute all’interno di uno dei marchi più prestigiosi del mondo della moda e, se davvero quelli narrati nel film corrispondono a verità, ebbene il mio disprezzo (se così vogliamo definirlo) per la signora Gucci è totale.

La storia di Maurizio e Patrizia Gucci, così come viene descritta nel film, sembra la favola perfetta: una ragazza bella ma di ceto medio che incontra il suo principe azzurro pieno di soldi e vissero tutti felici e contenti. Perfetto, no? Ma a vedere questo film non è stato proprio così. Già guardando i vari programmi di cronaca dell’epoca mi ero chiesta se ci fosse mai stato vero amore da parte di Patrizia nei confronti di Maurizio o se aveva ragione Rodolfo Gucci quando diceva che lei era sono legata ai soldi della famiglia…. ma torniamo al film!

Per quel poco che sono le mie conoscenze a riguardo, il film è abbastanza fedele alla realtà, discostandosi solo quando si parla dei figli della coppia, perché in verità, Patrizia e Maurizio hanno avuto due figlie e non una come viene erroneamente detto nel film, ma penso sia stata una semplice licenza poetica, o narrativa, in questo caso.

Ignoro anche quanto di vero ci possa essere stato nelle cospirazioni ai danni dello zio Gucci, Aldo, interpretato da un grandioso Al Pacino e del figlio, Paolo, il cui interprete è un irriconoscibile e fantastico Jared Leto (guardare per credere 😉 ).

Il film è sicuramente bello, incalzante, degno di un thriller famigliare di buona qualità: direi che in questo il nome di Ridley Scott sia una garanzia. Gli interpreti, a parte i già sopracitati Pacino e Leto, sono azzeccatissimi: Adam Driver nei panni di Maurizio Gucci e Lady Gaga in quelli di Patrizia Reggiani e non dimentichiamoci Jeremy Irons in quelli di Rodolfo Gucci. Un cast stellare, un gruppo di talenti che riescono tutti a brillare senza prevaricare l’uno sull’altro, anche se, per il suo lato “bigotto”, ho apprezzato molto Lady Gaga che non avevo neanche riconosciuta. La prima cosa che ho pensato appena è entrata in scena è stata: “però, complimenti a chi ha selezionato il casting! Hanno trovato una donna molto bella ma al tempo stesso rozza, perfetta per il ruolo di Patrizia”, poi sono andata a controllare il nome su internet e… “Ops! Ho dato della rozza a Lady Gaga!!!” (chiedo scusa x°D)

Film grandioso, semplice nei suoi ritmi narrativi ma che non annoia minimamente. Nonostante sapessi perfettamente come sarebbe andata a finire (era il 1995 per cui lo ricordo bene), ho assaporato ogni attimo di questa pellicola che profumava di nostalgia, divisa tra Milano e New York. Uno spaccato di un’Italia ormai lontana, di una famiglia unita nei valori e devota al potere.

A volte mi capita di pensare a quanto pesante possa essere la controparte della fama. Questa famiglia poteva avere tutto, ma il prezzo che ognuno dei suoi componenti ha pagato alla fine, è spaventoso. Vedendo questo film, sento la proverbiale frase: “i soldi non fanno la felicità” sempre più vera. Ovvio, da squattrinata penso che comunque i soldi aiutano, ma non possono salvarti, soprattutto dall’avidità umana.

2 ore è 38 minuti e non sentirli: Assolutamente da vedere!

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Blonde di Andrew Dominik.

Ciao a tutti, oggi parliamo di nuovo di film!
In questo periodo sto riuscendo a vedere molte cose, complice anche il fatto che il sabato dopo il lavoro è sempre un calvario e che spesso rimango impalata nel letto a causa dei dolori lancinanti, ma non parliamo di me, ma di lei, Marilyn e di una delle pellicole che penso più l’abbia rappresentata davvero, andando oltre le apparenze e i pregiudizi, Blonde di Andrew Dominik.

Ho da sempre avuto un rapporto conflittuale con la figura di Marilyn Monroe. Sinceramente non sono tra quelle che l’ammiravano, ma non mi era neanche antipatica, diciamo pure che era lì, punto. Tuttavia, in questi ultimi mesi, grazie a Netflix mi sono imbattuta in diverse opere a lei dedicate e ho scoperto qualcosa di più, e che ignoravo, e l’idea che mi sono fatta attualmente, ammetto mi ha un po’ turbata.

Blonde è un film crudo, forte, vero.

Tratto dal romanzo di Joyce Carol Oates che mescola fantasia a fatti reali in un mix sconcertante che dipinge non solo la diva, ma anche il lato umano e fragile di una donna vittima del successo e, per certi versi, carnefice di se stessa.

Essendo la trama fornita da Wikipedia troppo lunga, vi racconterò del film direttamente durante il passaggio sui miei pensieri personali, ma per ora, eccovi il trailer ufficiale:

Come anticipato su, non ho mai avuto un buon rapporto con la figura di Marilyn Monroe, ma questo film ha fatto crescere in me ancora più dubbi, creando ancora più conflitto tra l’odio (se così lo si può definire) e l’amore che da sempre provo per questa donna e la sua triste e folle storia. Il film inizia mostrandoci una Marilyn bambina, quando ancora tutti la chiamavano Norma Jeane. Norma è una bambina dolce, ma visibilmente turbata dal comportamento a volte violento della madre che arriva quasi ad ucciderla, perché in Norma vede la causa dell’abbandono dell’uomo che amava. Il padre della bambina è una figura onnipresente nella trama della storia, ma non la si vedrà mai per davvero, se non attraverso una vecchia foto che non fa intendere quale che sia davvero la sua identità. Dopo il tentato omicidio, la piccola Norma Jeane viene affidata ad un orfanotrofio e la madre internata in un ospedale psichiatrico.
Norma cresce, diventa una bellissima donna che vuole sfondare nel mondo del cinema ma qui, inizia il suo primo dramma… la prima realtà che lascia l’amaro in bocca, perché a quel tempo pareva una cosa normale: Norma Jeane si presenta per un provino dove viene violentata ed è così che nasce il mito di Marilyn Monroe. Se lei non avesse fatto quel provino, se non fosse stata violentata (prezzo da pagare per ottenere la parte), probabilmente il suo mito sarebbe arrivato molto dopo, oppure chissà, anche mai!

E’ triste e lascia riflettere. Sapevo già della violenza di Marilyn esattamente come so che è stato il destino di tantissime altre aspiranti attrici, soprattutto in quegli anni, ma non è da escludere che questo non avvenisse ancora negli ultimi decenni, prima del movimento del Me Too.

Per non essere troppo precisa e togliere il gusto a chi vorrà vedere questa pellicola di quasi due ore e mezza, Blonde parla dell’ascese e della fine di una donna che sostanzialmente si sentiva sola anche in mezzo a una folla di persone che l’adoravano come una diva.

Questa cosa mi ha fatto molto empatizzare per lei. Norma, vorrei chiamarla così perché nel film lei non si era mai sentita Marilyn, anzi, vedeva in lei una sorta di alter ego, un costume che era costretta ad indossare perché tutti lo volevano, la desideravano, ma non lei. Lei, Norma, desiderava solo essere Norma, desiderava solo essere amata, ma c’era anche qualcosa di rotto nel cuore e nella testa di questa donna tanto bella quanto fragile. La mia sensazione è che lei cercasse sempre la figura di un padre che non aveva mai conosciuto, che non l’aveva mai amata nei vari uomini della sua vita, ma al tempo stesso, doveva essere Marilyn, la donna frivola, tutta sorrisi e moine, una donna che non sentiva di essere, che quasi ripudiava come una estranea ma dalla quale non era in grado di sottrarsi e questo le costò il secondo matrimonio, quello con l’ex giocatore di baseball Jo di Maggio.

Marilyn aveva donato a Norma Jeane l’immortalità nei cuori della gente, ma le aveva portato via tutto: il suo candore, il suo diritto ad essere madre, la sua famiglia… il suo futuro.

Pellicola davvero di grandissimo impatto visivo, con scene crude, di nudo, ma vere al punto da percepirle fin dentro l’anima. Una fotografia interessante, un trucco impeccabile al punto che a volte fai fatica a capire quando la vera Marilyn dei filmati, è sostituita dalla sua grandiosa interprete che, oltre ad essere davvero una bellissima donna, è riuscita a sfiorare le corde del mio cuore attraverso una interpretazione magistrale.

Ambientazioni e cast, formidabili. Sinceramente ignoro dove finisce la verità e inizia la fantasia dell’autrice del romanzo a cui è stato ispirato il film, ma posso garantire che fino alla fine ho provato un senso di profondo disagio, dolore, tristezza per questa donna che sembrava aver avuto tutto dalla vita, ma che in verità le mancava la cosa più importante, l’amore per se stessa.

Anche la scelta degli attori è davvero ben azzeccata per quanto mi riguarda:
Ana De Amas nel ruolo di Marilyn, Adrian Brody interpreta il terzo marito, lo scrittore Arthur Miller, Bobby Cannavale nel ruolo di Joe Di Maggio, il secondo marito, Julianne Nicholson nei panni di Gladys, la madre di Marilyn e tanti, tantissimi altri.

Sinceramente è in film che consiglio di guardare per il forte impatto visivo, per vedere quanto spesso, dietro una facciata dorata, si nasconde una sofferenza palpabile costellata di piccoli e grandi drammi.
E’ un film che mi ha portata a riflettere e a mettere in discussione il modo in cui vedere questa donna, non che adesso sia diventata una sua fan, ma sento di capirla un po’ di più, di avvertirla più vicina al mio cuore.

Consigliato! ♥

Black Panther: Wakanda Forever di Ryan Coogler.

Ciao amici, in un altro post, vi avevo accennato al fatto che dopo secoli mi fossi di nuovo recata al cinema e “Black Panther: Wakanda Forever“è il film che sono andata a vedere.

Premetto che non è il mio genere. Personalmente ho smetto di vedere le saghe dei supereroi decenni fa. Pensate che l’ultimo film del genere che ho visto al cinema è stato The Amazing Spider-man del 2012 dove ho ufficialmente decretato che non potevo continuare a guardare certa roba ma, che sia chiaro, non per il prodotto in sé, ma per il fatto che alla fine era stato presentato come un film molto più fedele al fumetto (prima di appellarsi alla furbata dei mondi paralleli dove tutto è il contrario di tutto 😉 ) ed invece mi ero ritrovata l’ennesimo film da cui avevano attinto qua e là dalla storia originale, per cui ci avevo messo su una X gigantesca. Ma sabato il mio intento era quello di essere di supporto ad un membro della famiglia che sta attraversando un momento delicato, per cui ho messo da parte i miei gusti personali e mi sono lanciata in questo film di due ore e quaranta minuti e quello che segue è il mio parere personale.

⚠!ATTENZIONE, POSSIBILI SPOILER!⚠

Trailer in italiano per chi vuole farsi un idea:

L’unica cosa che sapevo su Black Panther era che il supereroe in questione impersonava una pantera nera (molto intuibile dal nome, direi xD), che era un fumetto della Marvel e che l’attore che l’aveva interpretato fino a quel momento, Chadwick Boseman, era venuto a mancare nel 2020 a causa di un tumore incurabile a soli 43 anni.

Non sapevo altro.

Non ero interessata, per cui non mi ero minimamente informata… Pensate che neanche sapevo chi era il “cattivo” del film.

Ebbene i primi dieci minuti di film mi hanno subito spezzato il cuore, perché iniziano con il funerale di Black Panther, un omaggio più che doveroso all’attore scomparso, che non ha esitato a farmi salire le lacrime agli occhi. Mi rendo conto che questo potrebbe suonare come uno spoiler ai più, ma se siete appassionati di queste saghe, allora saprete per certo che la Marvel è solita omaggiare chi nell’arco degli anni ci lascia, come Stan Lee, per esempio.

Vi eviterò i vari sviluppi della trama, proprio perché nonostante l’avviso, non voglio comunque togliere troppo a chi il film vorrà gustarselo. Vi dico solo che a parte Namor (il cattivo storico del popolo del Wakanda) e le scene troppo buie che ho sempre odiato, il film è stato molto bello, scorrevole e per certi versi anche divertente. La colonna sonora era fantastica e perfettamente adattabile alla pellicola, gli effetti speciali spettacolari e gli interpreti molto credibili nei vari ruoli.

Ma Namor

Ragazzi, Namor proprio non ce la facevo a guardarlo!

Ora, ignoro se in qualche universo parallelo le sue origini siano state cambiate o se semplicemente in questo film le hanno dovute adattare ai fini della trama, ma lui è passato da discendente di Atlantide (in quanto mutante nato dall’unione di una donna di Atlantide con un abitante del mondo emerso) a un qualcosa di non bel definito che ricordava un po’ il popolo Maya. Questa cosa mi ha un po’ urtata, ma se si ignora il particolare dell’origine di Namor che ricordo essere stato pubblicato per la prima volta nel 1939, direi che l’insieme della trama è godibile, seppur con qualche esagerazione tipica del genere: gente che viene infilzata da parte a parte, ma non perde neanche una goccia di sangue e continua a combattere, e io penso che quando sbatto l’alluce contro lo spigolo resto piegata a sgranare il rosario per dieci minuti, ma anche questo è il bello del cinema e del mondo dei supereroi e non solo! 🤣

Come avrete potuto notare, la mia non è una recensione vera e propria, ma più un raccontare in modo ironico qualcosa che, nel bene o nel male ho apprezzato molto e che mi ha fatto venire voglia di guardare anche il primo film della saga ma, tranquilli, gli altri non mi avranno mai! xD

E con i deliri per oggi ho finito!

Alla prossima. ♥

Danny Collins – La canzone della vita di Dan Fogelman.

Ciao a tutti amici, come state?
Io dico solo questo: lotto.
Lotto contro il caldo, la sfiga, la sfiga di avere caldo, i problemi, la vita, la vita problematica…insomma… lotto su e con tutto! ♥
Ma oggi parliamo di film dopo secoli e lo facciamo con una pellicola davvero carinissima: “Danny Collins – La canzone della vita” di Dan Fogelman, qualcuno di voi lo conosce e l’ha visto?

Come sempre, si incomincia dalla trama. Pronti? Via!
Danny Collins è un cantante ormai non più giovanissimo e consumato dall’uso di droga ed alcol. La sua vita privata è un disastro: sposato con una donna molto più giovane di lui che sperpera il suo patrimonio e la sua vita professionale è come congelata da anni tenendolo legato a un gruppo di fan ormai poco esigente che si accontentano delle solite canzoni ormai considerate i suoi cavalli di battaglia. Danny è come consumato da tutto questo, è insoddisfatto della sua carriera e da un successo che gli sta stretto ma proprio durante la festa del suo compleanno, il manager gli regala una lettera vecchia di 40 anni che John Lennon aveva scritto a Dan dopo aver ascoltato una sua intervista radiofonica e qualcosa in Danny cambia irreversibilmente, dandogli la forza per scrollarsi di dosso quella vita fatta di compromessi e vizi in favore di una nuova esistenza alla ricerca di redenzione a incominciare dal figlio col quale non aveva mai avuto un vero rapporto.

Cosa ne penso?

Lo ammetto, questo film è stata una piccola rivelazione.
Ora dirò una cosa che per molti suonerà come una bestemmia: non sono una fan di Al Pacino! Lo so che è una figura importante del cinema mondiale, un mostro sacro come De Niro, Stallone, Hoffman ecc ecc…ma non è tra i miei attori preferiti. Per quanto lo abbia visto in diversi film (ma solo perché imposti e comunque non li ho mai seguiti con la giusta attenzione), il buon Al non è mai riuscito a regalarmi belle emozioni… almeno fino a questo momento! 😉

In questa pellicola del 2015 Pacino ha compiuto un vero miracolo con me!

Sono riuscita a simpatizzare col suo personaggio.
Mi ha fatto sorridere e arrabbiare, ma ho anche provato pena e compassione per lui e gli avrei tirato dietro una scarpa quando cede e manda tutto in vacca (si può scrivere vacca? <.<).
Insomma Danny Collins è simpatico, brillante, ma anche disperato e nonostante circondato da tantissime persone… solo (una sensazione che mi appartiene e che conosco molto bene, purtroppo).
E’ un film che ti fa riflettere tra un sorriso e l’altro, che ti mette davanti a delle domande a cui non sei sicuro di voler dare o conoscere la risposta. Dopotutto chi è davvero soddisfatto della propria vita e di quello che ha? Solitamente l’essere umano è sempre alla ricerca di qualcosa, di quel genere di gratificazione che non sa neanche lui e che probabilmente non troverà mai perché non in grado di riconoscerla quando finalmente ce l’ha davanti al naso.
Danny Collins aveva tutto: soldi, successo, una moglie giovane e bellissima, una vita da rockstar come la intendeva Vasco nelle sue canzoni, ma gli mancava la cosa più importante di tutte: la famiglia, quella vera, che lui non aveva praticamente mai voluto conoscere, anzi, non aveva mai avuto il tempo per farlo perché travolto da quello tsunami chiamato successo.

Con questi pensieri potrei andare avanti all’infinito, ma non voglio perdermi in discorsi troppo profondi o rischio che poi le persone non lo vedano perché pensano a una immensa “sega mentale” lunga un’ora e mezza e “La canzone della vita” non è affatto così!

E’ una storia come probabilmente ce ne sono tante: il ricco che si redime quando incontra il calore famigliare o il ricco annoiato che decide di voler cambiare perché ormai neanche più i soldi gli regalano emozioni…

No, non è proprio così. Ma lascio come sempre a voi il giudizio finale.

La storia prende, gli interpreti perfetti. Annette Bening e Al Pacino insieme fanno scintille, c’è così tanta alchimia tra loro che non puoi non adorare i loro siparietti insieme. Poi ci sono Jennifer Garner nel ruolo della nuora di Danny e un fantastico Bobby Cannavale (nipote di Enzo Cannavale 😉) che interpreta il figlio di Danny in modo semplicemente magistrale, ma la ciliegina sulla torta è sicuramente Christopher Plummer che interpreta il manager. Insomma un cast ricco e super stellare per un film che va sicuramente visto con il piacere della commedia a cui sono stati aggiunti degli elementi di drammaticità che rendono la pellicola particolare, unica.

Per questo ruolo Al Pacino si è aggiudicato il Golden Globe.
Il regista ha dichiarato che aver voluto Al fin dalla prima stesura della storia, come se Danny fosse stato cucito appositamente addosso alla pelle dell’attore. (una piccola rarità che ho visto poche volte, finora solo per Sheen avevo sentito dire la stessa cosa). E poi la chicca delle chicche: è basata su una storia vera!
Avete letto bene: la parte della lettera di John Lennon è vera!!
Ho trovato questa cosa straordinaria e affascinante al tempo stesso.
Quest’uomo ha davvero ricevuto una lettera da Lennon dopo 40 anni… incredibile!
Per quanto riguarda il resto della storia, non si sa quanto ci sia di vero e quanto è stato inventato di sana pianta per esigenze narrative ma di una cosa sono certa: La canzone della vita va visto! Per Al Pacino, per Bobby Cannavale, per la particolarità della storia, per la piccola Hope, per la simpatia di Annette… Va visto senza troppe pretese e gustato lentamente come un buon vino.

Buona visione. ♥

PS: Attenzione! Tutte le immagini presenti nel post sono state prese da Google e pertanto potrebbero essere soggette a copyright.

I 3 moschettieri di Stephen Herek

Buongiorno a tutti, amici!
Come promesso nel post della canzone di Adams/Stewart/Sting “All for love” pubblicata quasi un anno fa (sono lenta, lo sapete 😂), rieccomi a parlarvi di questo brano musicale e, più nello specifico, del film a cui, tantissimi anni fa, era abbinato. All for Love, non fu solo la canzone di punta della pellicola, ma anche il tema portante del film Disney: “I 3 moschettieri” del 1993 dove, le scene più epiche, erano enfatizzata dalle sue note.

La storia de “I 3 moschettieri”, la conoscete tutti, chi in modo accurato o ispirato, tutti i film a riguardo, sono tratti dal romanzo di Alexandre Dumas e narra le vicende del giovane D’Artagnan e del suo incontro/avventure con un gruppo di moschettieri del re: Athos, Porthos e Aramis che, in questa particolare pellicola erano rispettivamente interpretati dal top giovanile di quegli anni: Keifler Sutherland (Athos), Oliver Platt (Porthos) e Charlie Sheen (Aramis). Il giovane D’Artagnan, invece, aveva il volto di un giovanissimo Chris O’Donnel e il cardinale Richelieu era impersonato dal bravissimo Tim Curry.

Un cast di stelle insomma, per un film pieno di emozioni, risate e colpi di spada. Un vecchio classico che credo andrebbe rispolverato e magari, perché no? Proprio in vista del Natale quando la TV è piena di quei film romance, spesso troppo mielosi e imbarazzanti (a mio parere, per lo meno). E poi, ai miei occhi, questo film ha sempre avuto un ché di magico: forse colpa del cast, forse perché la Disney ci ha messo il suo zampino ma, I tre moschettieri di Stephen Herek, è una piccola perla che mai perderà di valore e che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita.

Amo questo film, ho consumato la vhs e, appena lo trovai in dvd, ovviamente, acquistai anche quella versione. Sono quei film cult, senza tempo che, seppur li vedi decine di volte, non ne avrai mai abbastanza.

Unica pecca?


Non ne hanno mai fatto il Blu-ray, un vero peccato…ma magari chissà, per il trentennale dell’uscita del film, potrebbero ancora provare a stupirci con una nuova edizione di extra lusso con tantissimi retroscena e similari o, almeno, io ci spero.

Super consigliato! ❤️

Shio

Vi lascio la bellissima All for Love, cantata dai mitici Sting, Adams e Stewart in una spudorata videoregistrazione dell’epoca direttamente dal canale di Mtv: preistoria praticamente!! 🤣
Buon ascolto! ^_^

Piccola segnalazione “filmosa” #3

UDITE UDITE!!

Come sapete, non guardo la tv da un po’, se non in rarissimi momenti e cioè a ora di pranzo e cena, perché è accesa, ma è così che sono venuta a conoscenza che domenica, su Paramount network, va in onda uno dei film più strepitosi che ho visto negli ultimi anni: 21!

Vi ho parlato di lui nel lontano giugno 2018, in quel periodo stavo ripercorrendo la filmografia di Jim Sturgess (attore che amo follemente) e, quando mi sono imbattuta in questa pellicola, ammetto che sul momento ero indecisa se guardarla o meno, poi ho visto gli altri interpreti e mi sono detta: questa dev’essere un piccolo capolavoro e non mi sbagliavo!

Ovviamente i gusti sono personali ma, se non avete nulla da guardare domenica sera, sappiate che alle 21:10 (minuto più minuto meno), su Paramount network (canale 27 se non erro), c’è un film che merita tantissimo. ❤

Per altre info, vi invito a dare un occhiata anche alla mia mini recensione che potete leggere cliccando -> QUI.

Buona visione.

Shio ❤

Piccola segnalazione “filmosa” 🥰

Udite udite, amici miei!

Stasera, su Paramount network danno uno dei miei cult movie “romance no romance” per eccellenza!

Mi spiego meglio: sicuramente è catalogo sotto la voce film romantici, ma non è nulla di troppo mieloso…zuccherino, è un ottimo mix di humor, amore, genialità che alla sottoscritta piace tantissimo. 🥰

Per chi non l’avesse mai visto e vorrebbe vedere qualcosa di diversamente grazioso o per chi lo conosce a memoria come me, ma non si stanca mai di rivederlo, stasera alle 21:10, su Paramount network: Harry ti presento Sally.

Non guardarlo, sarebbe un crimine! 😑❤️

Buona domenica! ☺️

Shio. 😘

Il diritto di contare

Ciao a tutti amici e buon inizio di settimana.

+01
Oggi vi parlo di un film di quelli belli, che parlano di cose vere, orribili magari perché si sa che la natura umana non è affatto pura o buona, ma in questa storia, serve solo a enfatizzarne il fascino. Si perché quando si parla di storia, di quelle vere, di gente reale che ha cambiato la propria storia e, con essa, quella di tanti; non si può non amare quelle persone e il loro personale modo di “contare”.
Il diritto di contare“, di Theodore Melfi. E’ basato sul libro omonimo di Margot Lee Shetterly, e racconta la vera storia di Katherine Johnson,una scienziata, fisica afroamericana che collaborò negli anni 60 con la NASA calcolando le traiettorie dell’Apollo 11, Apollo 12 e per il Programma Mercury.

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