
Ciao a tutti, spero stiate bene, io sono sempre in modalità correttore di bozze e, di sera, ne approfitto per portarmi avanti con le letture ma devo ammettere che forse avrei fatto bene a evitare…
Non posso nascondere che questo romanzo mi abbia lasciato sentimenti così fortemente contrastanti da far male e, se in verità doveva essere una cosa positiva e bella, sì è rivelata un po’ deludente ma, come sempre, prima la sinossi:
Buddy Threadgoode è nato e cresciuto a Whistle Stop, Alabama. Da bambino, il fischio allegro dei treni che passavano per la piccola stazione ferroviaria scandiva il corso delle sue giornate. Sua madre Ruth, donna mite, misurata, e la zia Idgie, eccentrica, volitiva, passionale, erano le proprietarie del caffè della cittadina, noto nel raggio di chilometri per i suoi irresistibili pomodori verdi fritti; un punto di incontro e di ristoro sempre pronto ad accogliere tutti. Poi, col passare del tempo, Whistle Stop andò via via spopolandosi, i treni smisero di passare e il caffè chiuse una volta per tutte.
Dopo molti anni di assenza, di quel posto immerso tra i campi di granturco l’ottantaquattrenne Buddy conserva ricordi dolci e nostalgici, che condivide con sua figlia Ruthie e con chiunque abbia voglia di ascoltare le sue storie. Ed è lì, ai luoghi della sua infanzia, che decide di fare ritorno, sgattaiolando fuori dalla casa di riposo per un viaggio carico di avventure, dando il via a un susseguirsi di eventi dai risvolti imprevedibili.
Con candore e ironia, Fannie Flagg porta ancora una volta il lettore tra gli indimenticabili protagonisti e le atmosfere senza tempo di Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop.
~COSA NE PENSO~
(ATTENZIONE SPOILER)
Come molti sanno, amo profondamente il mondo di “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”. La sua storia mi ha conquistata da subito: prima grazie alla versione cinematografica che amo follemente e poi attraverso quella cartacea e, vi dirò, una delle cose a mio avviso più belle di questo storia agrodolce, era il personaggio di Evelyn Clouh, interpreta magistralmente da Kate Bates. Perché vi chiederete?
Perché lei era una di noi. Una donna con i suoi problemi, le sue ansie, insicurezze e paure. Chiunque poteva entrare in sintonia con Evelyn e gioire con lei quando, durante l’arco della storia, trova la forza di reagire e riprendere in mano la sua vita. Quello che lasciava questa storia alla fine di tutto, era un inno alla vita, alla rivalsa, un “non è mai troppo tardi per volersi bene”, poi è arrivato il seguito e io non posso non chiedermi, perché?
Perché riprendere in mano questa storia dopo più di 30 anni per fare una sorta di necrologio sui vari personaggi che o sono morti o hanno perso il proprio partner o sono ormai anziani e malandati, perché?
Perché riprendere in mano una storia dalle tinte forti e dalle sfumature intense che mostrava la crudeltà del fato e degli esseri umani, per farla diventare una specie di favoletta dove tutti sono felici fino a rasentare l’imbarazzo?
E, soprattutto, il perché più grande: perché riprendere in mano questa storia per rovinare uno dei personaggi che più ho amato al mondo: Evelyn che, in questa versione è una miliardaria col fiuto per gli affari e, dove tocca, tutto diventa oro, manco fosse re Mida! Dove la sua ricchezza è ostentata in modo imbarazzante, dove compra tutto quello che desidera e dove (e qui parte la citazione da pseudo otaku quale io sono), poco ci manca che compra anche le sfere del drago così riporta in vita Idgie e Ruth.
Ho amato ritornare in quel mondo, ma l’ho trovato così cambiato, così stravolto, da farmi male.
Il finto buonismo, la ostentata ricchezza, il paraculo generale dei vari personaggi che, il più sfigato è un medico di fama mondiale o quasi, è fastidioso. E poi, anziani che si comportano da ventenni, senza la minima difficoltà. Anche Ninni era anziana nel primo romanzo e si comportava come tale, qui, un uomo di quasi 90 anni gira il mondo in crociera!! Ovvio che nessuno vorrebbe leggere un romanzo con personaggi che soffrono di artriti, ipertensione e diabete, ma cacchio, il troppo stroppia!
E il personaggio di Idgie? Anche lei è stata così osannata da risultare irritante: la donna dei miracoli, la perfezione imperfetta del mondo. A me lei piaceva nel primo romanzo ma in questo, è troppo….troppo idealizzata.
Ah! Ci sono incongruenze tra quello scritto nel primo romanzo e questo, come se l’autrice o, chi ha scritto per lei, non si sia neanche presa la briga di rileggere il primo, per cui, anche per questo, siate avvisati. 😅
Concludendo, non posso non consigliarlo, perché un pezzo di cuore è e sarà sempre legato a Whistle stop, ma sappiate che, leggerlo, potrebbe essere a vostro rischio e pericolo.
Quando ho concluso la lettura, ho detto: “Dio, speriamo non ne realizzino un film!”, perché so già che lo guarderei e poi mi incavolerei a morte.
Per avere un continuo simile dopo così tanti anni, forse, era meglio che non l’avesse mai scritto, sono amareggiata ma, si sa, spesso i seguiti non reggono il confronto coi primi.
Consigliato? Non so, fate voi.
Shio ❤️